Mai come in questo periodo, cosi’ tante inchieste penali hanno coinvolto e stanno stravolgendo l’assetto di comando di alcune tra le piu’ grandi imprese italiane : Finmeccanica, Eni, Monte dei Paschi di Siena, BPM.
In comune le inchieste hanno le modalita’ del dolo e gli attori.
Come ha enunciato pubblicamente l’on. Silvio Berlusconi, le tangenti si devono pagare per lavorare, ed e’ normale quindi che i top manager delle nostre piu’ grandi imprese debbano essere impegnati a capire chi contattare , che sia corruttibile, quale sia il faccendiere referenziato in quel paese, ed infine quale transito deve fare il denaro. Ma ora sembra aggiungersi una variante al giro delle mazzette: in quanta parte devono ritornare in Italia per essere suddivisi tra i politici-partiti e tra loro manager, che non si contentano piu’ della semplice poltrona, e del banale ruolo di smista-tangenti. Tragica testimonianza delle telefonate dei top manager e’ la loro costante inquietuìitudine alla gratificazione di tizio e caio , affinche’ la loro posizione possa essere mantenuta. Nessuna , nessuna traccia, di problemi strategici, tecnici o finanziari. Nessun disegno prospettico di dove condurre la propria azienda.
Il fatto piu’ drammatico di quanto scritto e’ la convinzione che, in gran parte degli imprenditori ,si e’ diffusa della assoluta necessita’ di pagare il lavoro, come unica strada per lavorare. Questo convincimento svilisce l’impresa e la rende sempre piu’ fragile rispetto al mercato, togliendo energie all’imprenditore, rispetto al disegno di strategie e di conduzione parsimoniosa dell’azienda. Travisa il convincimento che il mercato premia il merito, convertendo questo assioma nel piu’ banale : il mercato premia i furbi.
Il tempo fortunatamente e’ galantuomo ed alla fine rende merito alle imprese virtuose ed ai manager onesti, azzerando tutto quanto e’ stato costruito sulla truffa ed il malaffare. Purtroppo in questo percorso, qualcuno piu’ debole, offeso e mortificato nella propria dignita’ rinuncia a combattere, talvolta rinuncia all vita.
Oggi all’Italia manca una classe dirigente capace di avere una visione, che inventi il futuro della propria gente e delle proprie imprese, che abbia il coraggio di sfidare i luoghi comuni, che abbia la forza di andare contro corrente, se la massa declina verso la strada piu’ comoda , ma alla lunga piu’ insicura.
Mai tanti vecchi, non nell’eta’ ma nella cultura, hanno avuto e mantenuto il potere nelle loro mani, in una forma tanto egoistica, da non ipotizzare quel passaggio generazionale di responsabilita’ , che e’ alla base di un cambiamento necessario al miglioramento costante della societa’.
Le prossime elezioni potrebbero non cambiare ancora nulla, potrebbero altresi’ aprire il Parlamento ad una moltitudine di giovani armati solo di entusiasmo e speriamo di tanti anticorpi a quella malattia tutta italiana della furbizia, senza intelligenza.